
Che differenza c'è tra un cappello e una berretta? E tra uno chaperon ed un cappuccio?Cosa sono i cappelli “alla di là”? E perché Robin Hood (Robin ‘cappuccio’) porta un cappello a punta?
E quali erano i materiali dei cappelli tra medioevo e rinascimento?
E, quanto era importante il copricapo tra medioevo e Rinascimento?
Sia negli studi accademici come nelle rievocazioni, spesso il copricapo è molto trascurato, eppure era un elemento fondamentale per la definizione della persona in questi secoli cruciali.

In primavera è uscito il mio nuovo libro, "Medioevo sulla Testa", nel quale affronto questi ed altri temi relativi al copricapo ed al suo uso in quei secoli fondamentali che vanno dal XIII al XVI CE, ed è il frutto di molti anni di studio e riflessione su questi argomenti. (Il titolo è un voluto omaggio a Chiara Frugoni, indimenticabile esperta del medioevo, con la quale abbiamo più volte parlato di abbigliamento e copricapi). Cappelli e acconciature sono uno dei più caratteristici e distintivi elementi dell’abbigliamento umano, in ogni epoca e luogo.
In Europa, tra il XIII e il XVI secolo il copricapo diventa un’espressione molto specifica dello status sociale di ciascuno, in grado di esprimere anche notevoli sottigliezze di significato, tra cui il genere, l’età, il rango, l’appartenenza etnica, politica, familiare o religiosa, lo status coniugale, le provenienze e molto altro.
I copricapi, al pari di altri elementi tessili e d’abbigliamento, rivelano le reti di influenze, di commercio e le relazioni di potere; ci illustrano il punto di vista culturale, quello estetico, ed economico –nell’acquisto e nella vendita dei materiali necessari, come le pellicce, le tinture, le fibre– ma anche quello formale e strutturale –alcune tipologie paiono derivare da forme di paesi lontani ed esotici, e vengono ad adattarsi al sistema di vita occidentale introducendo mode e rappresentazioni che non sono mai ‘casuali’.
Non è un caso, infatti, se le leggi suntuarie dedicano grande attenzione anche a questi aspetti, soprattutto fra Tre e Quattrocento, quando, seguendo l’esempio suggerito dalla Chiesa nel processo di autoaffermazione dei secoli immediatamente precedenti, anche i civili useranno la testa quale sede di rappresentazione delle proprie conquiste, sociali e individuali.
Dispiace vedere che troppo spesso si pensa al cappello come un elemento accessorio, non considerato particolarmente significante quando si studiano dipinti ed opere d'arte di vario tipo, quando si fa ricerca ed attribuzione. I copricapi invece sono ricchissimi di informazioni e il conoscerli aiuta ad evitare errori di attribuzione o di comprensione di un'opera, come mi è capitato di trovare più volte in cataloghi di mostre anche importanti, o nelle didascalie di musei.
Recentemente, ad esempio, visitando la Galleria Nazionale Delle Marche (GNDM) ed il Museo Diocesano ad Urbino, ho notato che raramente è posta attenzione all'abbigliamento, in generale, ed ai copricapi nello specifico, tanto che almeno in un paio di casi la non comprensione delle vesti e dei complementi porta ad indicare come uomo un committente che è invece assai più probabilmente una donna. Dite che è poco importante? Eppure chi studia critica d'arte sa quanto importante possa essere la determinazione della committenza per comprendere la storia dell'opera e del pittore.
La piccola figura che si vede nell'angolo destro dell'immagine (a destra di chi osserva ma a sinistra della Vergine e di Gesù, posto d'onore per lo spettatore, ma lato 'femminile' e 'modesto' per il personaggio raffigurato) ha diverse caratteristiche che io indicherei come femminili - la forma 'scivolata' della veste, le maniche aderenti, l'anello sulla mano sinistra, e, soprattutto, la forma del copricapo, che sembra un velo nero con soggolo indossato con una ghirlanda nello stesso tessuto -. Inoltre, la particolare iconografia del dipinto - la Madonna del Latte - mi fanno propendere più per una committente, forse una donna non più troppo giovane (per gli standard dell'epoca) che dispera di avere figli e veste in modo dimesso (ma non troppo!) nell'invocare un aiuto spirituale.

Nelle manifestazioni ispirate alla storia poi - i Palii, le rievocazioni, le Feste storiche, ed anche nell'opera dei più fedeli ricostruttori - le incomprensioni relative a cosa mettersi in testa sono notevoli.
Spessissimo si tende a fare cappelli che siano semplici da mettere, che 'somigliano' a qualcosa che vediamo nei dipinti, ma non si considera se il modello scelto è adatto al ruolo proposto. Troppo spesso si fanno semplificazioni che, in fin dei conti, sono del tutto inutili, perchè il modello originale sarebbe probabilmente più semplice da fare e più corretto storicamente.

Invece che studiare l'oggetto si va di 'volumi' e di 'impressioni', che finiscono per fare un effetto che è spesso ridicolo, scomodo o inappropriato: qualche volta tutte e tre le cose insieme!
Uno dei tanti Palii italiani, con un medioevo un pò approssimativo, tra borsette e ghirlande di fiori a caso... ma non era meglio una bella ghirlanda di fiori freschi dell'orto, tipo rosmarino, camomilla, margherite, ginestra, o rosa canina?
Il mio libro offre un piccolo contributo per destreggiarsi meglio in questo affascinante campo di studi, e spero che sia d'aiuto a chiunque abbia desiderio o necessità di affrontare l'argomento.
Da parte mia è il risultato di oltre vent'anni di interesse per i copricapi, un percorso iniziato quando ero ancora studentessa e che difficilmente terminerà perchè le potenzialità dello studio di questi materiali sono davvero infinite.
A tutti, nel frattempo, auguro: Buona Lettura!!! ;-)
コメント