E, infine, parliamo un po’ di Bambole di Moda.
Ma non bambole, tanto per dire, ma Bambole, le famose Poupée de Mode con le quali la Francia fece conoscere la propria moda a tutta Europa.
Abbiamo iniziato questa serie di post, se ricordate, perché lo scorso anno sono stata criticata per uno dei miei metodi di ricerca prediletti: lo studio dei modelli d’abito in scala ½ donna/uomo (in realtà ne esistono anche altri – 1/3 ad esempio – ma io preferisco questi).
Il diffuso pregiudizio con cui si guarda alla prototipia in scala per l’abbigliamento è dato dal fatto che spesso si confondono i modelli in scala con le bambole giocattolo per bambini.
Ma di questo parleremo più diffusamente nel prossimo appuntamento serale di “Parliamo di… Altro che Bambole!” che si terrà lunedì 22 febbraio.
Adesso però, voglio raccontarvi la storia di quelle che sono state tra le testimonials di maggior successo della Storia della Moda: le Puve (all'Italiana) o Poupées (alla Francese).
Nel 1661 in Francia divenne re Luigi XVI, e il nuovo sovrano rese subito chiaro che tutte le funzioni dello Stato avrebbero fatto capo a lui. Il re incarnava lo Stato stesso e operava come coordinatore di tutte le funzioni pubbliche, con la possibilità di prendere decisioni autonomamente dal Consiglio. L’obiettivo era quello di creare ordine e stabilità politica e per far questo il suo controllo si estese anche alla produzione economica e culturale; quest’ultima, in particolare, venne finalizzata alla celebrazione del potere reale e della corte.
In questo senso possiamo leggere un passaggio del testo “Art de Plaire à la Court” (L’Arte di Compiacere alla Corte) del 1660:
“Sopra a tutto si deve essere curiosi della moda (…) Intendo di quella moda che, essendo autorizzata dai grandi e dagli uomini onesti, stabilisce come una legge per tutti gli altri”.
Assieme all'arte, all'arredamento ed al gusto, la moda diviene espressione del crescente potere della Francia anche a livello internazionale ed è la corte che si fa carico della diffusione delle nuove mode. Stampe, ritratti, pamphlet e opere d'arte, teatrali e letterarie espongono i nuovi modelli di riferimento che presto influenzano l'Europa intera.
Proprio in questo periodo, si moltiplicano anche i ritratti di bambine con bambola, ma non sempre quest'ultime sono 'solo' un giocattolo.
In effetti, la bambola per eccellenza con cui far giocare le bambine era considerata quella del neonato, in preparazione del ruolo di madre che la società si aspettava da una futura donna. Ma tra Sei e Settecento, le bambole che osserviamo nei ritratti spesso non sono il classico bambolotto, quanto piuttosto delle vere e proprie rappresentanti in miniatura della moda di classe del momento.
E, in effetti, questo sono.
Già nel Quattrocento, in Italia, era diffusa la pratica di far conoscere le voghe d'abbigliamento più di successo per mezzo della creazione e scambio di bambole abbigliate secondo il gusto di quelli che oggi, forse, chiameremmo influencer:
"Illustris consors nostra carissima El ne facto dir questo S.Ambassadore chel fa facto far a Siena e a Fiorenza alcune puve solamente per havere la portatura de quelle donne al canto de la e che gera dicto che la portatura de Mantua e Milano era quasi una cosa medesima ma che ge par pur alui che quella de Mantua fu piu bela et ge piaza piu et ... volessemo che vedesti subito de far fare una puva cum la portatura se usa a Mantua cussi del dosso come dela testa."
Questo lungo brano scritto il 10 settembre 1460 da Ludovico Gonzaga (si, quello della Camera degli Sposi del Mantegna) alla moglie Barbara, ci dice diverse cose:
1) che il duca di Mantova non solo trovava naturalissimo occuparsi di "moda", ma chiede specificatamente alla moglie di far fare una "puva" (bambola) con le fogge dell'abito e dell'acconciatura delle donne mantovane da consegnare all'ambasciatore di Milano, il quale, a sua volta, si è già fatto fare almeno altre due puve a Siena e a Firenze;
2) che l'uso di scambiarsi "bambole" vestite alla moda era cosa normale e ben accetta;
3) che le "puve" non son bambole, ma veri e propri oggetti di conoscenza e comunicazione delle fogge proprie ed altrui, certamente non come "curiosità", ma come parte di un programma diplomatico e politico più vasto, tant'è che l'ambasciatore - ospite del duca di Mantova - non a caso, chiede proprio una "puva" mantovana "che ge piaza piu" delle altre... ma guarda un po' ;-) !
Il concetto è quindi portato avanti ed ampliato dalla corte francese che, nell'ottica di promuovere rapporti diplomatici e, soprattutto, economici con altri stati, usa anche questo come mezzo di propaganda.
Si producono e si spediscono a giro per il mondo piccole "dame francesi" miniaturizzate: le famose Poupées de Mode, distinte in Petit Pandora, per gli abiti da giorno, e Grand Pandora, per gli abiti da sera e cerimonia.
Non sono solo raffigurazioni visuali di quello che va di moda, ma sono veri e propri vademecum su tessuti, pizzi, acconciature, decorazioni, accessori, colori, forme e modi di indossare questo e quello e, naturalmente, invitano a comprare là dove questi oggetti si producono, ovvero in Francia!
Inizialmente le poupèes vengono inviate da corte a corte, destinate alle signore più chic dell'una e dell'altra parte, in una vera e propria gara di gusto e di stile, ma presto esse diventano così famose che danno vita ad un altro business: vengono richieste dai negozi più ricercati ed esposte in vetrina, a testimonianza del fatto che qui si possono trovare le espressioni più ricercate del gusto internazionale. Comprendiamo quindi il riferimento culturale ed economico del Theatre de la Mode che abbiamo visto in uno dei post precedenti.
Ed ecco che presto le poupées viaggiatrici danno vita al manichino da vetrina, di cui troviamo testimonianza in una stampa francese del 1784.
Nello stesso periodo, però, cominciano ad affermarsi anche le prime riviste - il famoso Mercure Galant è del 1677-78, ed è probabilmente finanziato dalla corte stessa, segno di quanto si fosse consapevoli dell'importanza economica della promozione di moda.
Le poupées cominciano a perdere d'interesse, rimanendo però come vere e proprie role model per le bambine di ogni luogo e tempo, giungendo fino a noi, come abbiamo visto con l'esempio della Barbie.
Per concludere, non sempre le bambole sono "roba da bambini", e "progettare in scala" non significa affatto "avere poco valore", anzi! ;-)
Illustrazioni:
1776-8, W. Hoare, Christopher Anstey e la figlia Mary Nat. Gall., Beningbrough Hall, Yorkshire
XVIII sec., stampa inglese, Infanzia
XVIII sec., Ritratto di bambina con bambola, Museo Coloniale di Williamsburg
1739, F. Boucher, la Colazione del Mattino, Louvre, Parigi
1784, La Couture ou Belle Promesse est de peu d'effet, Stampa dall'almanacco Les Belles Marchandes, Almanaque historique, proverbial et chantant
Per saperne di più:
Le pubblicazioni sulle bambole sono infinite, quelle sulle Poupées de Mode molto meno. Consiglio la ricerca nei siti di musei come il Metropolitan, il Louvre e il Victoria&Albert, ciascuno dei quali possiede uno o più esemplari di queste bambole speciali.
1748, Bambola https://www.metmuseum.org/art/collection/search/19035
1986, Poupées de Mode, Editions d'Art Monelle, Paris
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